Informazioni

Codice sentiero
342
Partenza
Bovegno (Fraz. PREDONDO)
Arrivo
SAN COLOMBANO (Collio)
Quota di partenza
m.575.00
Quota di arrivo
m.950.00
Durata
11.15h
Livello di difficoltà
Sentiero escursionistico
Escursionismo che si svolge su sentieri od evidenti tracce in terreno di vario genere (pascoli, detriti, pietraie...) e che corrisponde in gran parte a mulattiere realizzate per scopi agro - silvo - pastorali, militari o a sentieri di accesso a rifugi o di collegamento fra valli vicine; sono generalmente segnalati con vernice od ometti; è richiesto un discreto allenamento fisico e capacità di orientamento.
Cartografia

01 ALTA VALLE TROMPIA_1:25000

Luogo di partenza

45.781493, 10.262528

Descrizione del percorso

NB:essendo il percorso molto lungo, sono stati indicati alcuni punti dai quali si può scendere in paese.
“R – località – percorso- tempo“

Il percorso inizia dalla frazione di Predondo – Bovegno e, con lunghissimo percorso che si mantiene ad una quota variabile tra i 900m e 1200m, risale tutta l’Alta Valle Trompia sulla destra orografica e ci conduce alla frazione di San Colombano – Collio.

Dalla fermata dell’autobus di linea, il percorso è in comune con il n.335 fino al “Doss de L’och” per poi proseguire in piano fino al “Pià de le Cese” (875m) incontrando il n.335b proveniente da Bovegno, fraz.Piano (“R”- Bovegno – n.335b - 50’ca.).

Continuando a salire, poco più avanti sulla sinistra della mulattiera acciotolata, si possono notare i ruderi di un’antica chiesupola dedicata a San Glisente, costruita nel 1300 e usata fino alla metà del 1600, proseguendo fino in località Buicco dove si incontra una larga mulattiera.

All’incrocio possiamo notare sulla nostra sinistra, salendo, un grosso masso con incise numerose croci la cui origine rimane avvolta dal mistero.

Seguendo la mulattiera verso il basso, attraversiamo il torrente Meola e mantenendoci a sinistra, sempre su mulattiera, risaliamo i verdi prati di Zerma. Questa antica località viene citata nel 1200 ed anche negli statuti di Bovegno del 1341, e molto probabilmente faceva parte dei possedimenti del monastero di Santa Giulia dove si cita la coltivazione del frumento “sull’altipiano di Zerma e di San Martino” (come citato dal Guerrini).

Mentre si risalgono questi prati si può godere di una magnifica vista su tutta l’alta e bassa Valle Trompia e nelle giornate limpide la vista spazia fino agli Appennini.

Lasciata località Zerma (1100m) la mulattiera passa sopra località Prati Magri, dove si trova un rifugio privato, tel.030-926400, (raggiungibile in ca 10’, scendendo lungo il n.336). (“R”- Bovegno - strada - 1h ca.). L’itinerario continua attraverso boschi e scorci d’alta valle, ma soprattutto si inoltra all’interno delle pinete più importanti del territorio di Bovegno: la pineta della zona dei Comuni e successivamente la pineta di Gardino (la più estesa e la più conosciuta).

Attraversando la pineta dei Comuni o le “pàghere” (termine dialettale usato per identificare la zona) si arriva in località Masne (1125m) dove si interseca la mulattiera/carrareccia proveniente da sud, dalla località Piazzole, (località poco dopo la frazione di Fassole). (“R”- Bovegno - mulattiera/strada - 1h ca.).

Da Masne il percorso cambia versante e attraversando il torrente Zerlo si entra nell’omonima valle; da qui il sentiero ritrova, per un breve tratto, una delle più antiche mulattiere, usata, fino a pochi decenni fa, per la tradizionale transumanza estiva con le mucche, prosegue poi all’interno del bosco.

Durante la passeggiata si potranno notare prati dove i pochi contadini rimasti praticano, ancor oggi, l’antico mestiere della pastorizia.

Proseguendo il nostro cammino, ora all’interno della pineta di Gardino, arriviamo ad un bivio ove incrociamo la carrareccia/mulattiera che a sinistra porta alla malga Gardino, mentre noi mantenendo la destra e proseguendo sempre diritto continueremo a seguire la strada che ci porterà, alla località Montalbano (1140m) dove incrociamo il segnavia n.338 proveniente da Caprile, (“R”- Graticelle - n.338 - 30’ca.). e poi al Ponte di Rango (1030m). 

Da questa località, che fa parte della “Valle della Panna”,- (così chiamata dai locali per le numerose malghe che un tempo erano in uso), attraverseremo due versanti fra i più interessanti sia dal punto di vista paesaggistico che dal punto di vista culturale. I prati e gli alpeggi, di queste zone, danno nutrimento a numerosi capi di bestiame, sia bovini che suini e caprini, dai quali si ricavano ottimi prodotti caseari consumati sia dagli abitanti del luogo sia dai turisti/escursionisti che frequentano le montagne di questa valle.

Osservando queste vallate, Sarle – Bongio – Navazze, possiamo intuire e cercare di immaginare le difficoltà che la gente di questi luoghi ha dovuto affrontare giornalmente per strappare alla montagna il sostentamento minimo per garantire la sopravvivenza, sia con l’attività agricola, sia con l’attività estrattivo-mineraria (vedi le gallerie presenti sotto Graticelle che percorrono tutte le valli descritte prima); ed il passaggio sul ponte romanico in località Sarlene avevano proprio lo scopo di permettere lo spostamento delle merci/materiali da una valle all’altra prima della realizzazione della strada provinciale posta più in basso.

Ponte di Rango: (“R”- Graticelle - n.339 - 1h ca.).
da questa località il percorso n.342 è in comune per un breve tratto con il percorso n.339, che proviene da località Graticelle per Baita Prada e che porta anche alla Capanna Gianni e Mario Remedio (1h-45’ aperta tutto l’anno, info c/o CAI Bovegno); 
si prosegue su carrareccia, per giungere poi al bivio con indicazioni per Bonaldo - Sarlene a dx e sentiero 
n.339 alla nostra sinistra,

NOTA:
(essendo a circa metà percorso, chi volesse fare il sentiero n.342 in due tappe, potrebbe raggiungere la Capanna Remedio posta a 1446 m, dotata di camerata con 20 posti letto, stanza a pianterreno per consumazione pasti propri, dotata di stufa a legna, barbecue esterno. Possibilità di vedere branchi di camosci.)

Continuando a destra sul n.342 per località Bonaldo (1025m) su strada carrareccia, che diventa sentiero appena passata l’abitazione con una bella fontana.

Si continua a mezzacosta abbassandosi verso località Sarlene (975m), per poi arrivare e oltrepassare l’antico ponte romanico, il tracciato piega a destra e sale su breve mulattiera, si inoltra a sinistra nel bosco dove giungerà ad una carrareccia che, in leggera discesa conduce in località Bongio (1000m) all’incrocio con la strada/carrareccia che collega Graticelle a Memmo, e sentiero n.340b proveniente da Graticelle. (“R”- Graticelle - n.340b - 1h ca.).

Da questo punto potremo ammirare la corona di montagne che ci circonda: a sud-ovest parte del Monte Guglielmo, a ovest il monte Muffetto (il più famoso e conosciuto per la gente di Bovegno), a nord-ovest il Corno di Mura, le Corne di Re Gòia, e i Corni del Diavolo.

Riprendiamo il percorso svoltando a sinistra e saliamo la strada/carrareccia che ci porta nei pressi della località Forcella (1200m); da qui, facendo una inversione ad U a destra, si scende per breve tratto sul sentiero n.340 che proviene da Graticelle, e si prende poi a sinistra lungo il prato sottostante in direzione della pineta e piegando a destra si entra nel bosco per arrivare a incrociare la carrareccia/mulattiera in località Navazze di Sopra (valle di Navazze).

Svoltando a sinistra, nei pressi di un capanno di caccia, (“R”-Castive - Vasp19 – carrareccia - 40’ca.) proseguiremo sempre su carrareccia pianeggiante (Vasp 19) (viabilità-agro-silvo-pastorale) 1180m, e attraverseremo tutta la valle fino a giungere un bivio con cartelli segnaletici, proseguiamo mantenendoci sulla dx ed dopo ca 50-100m, in prossimità di un leggero avvallamento, giriamo a destra (lasciando la mulattiera), per imboccare il sentiero che scende nel bosco verso la località Trudac, per poi proseguire per Memmo.

Lungo la carrareccia si possono intravedere piccoli imbocchi di alcune gallerie (chiamati Medoli) che venivano utilizzate per l’aerazione delle sottostanti gallerie minerarie, in questo caso riguardano la miniera ”Torgola”, presenti in quasi tutta l’alta valle da Bovegno a Collio.

Percorrendo il sentiero nel bosco, pressoché pianeggiante, si giunge su una strada/mulattiera in prossimità di una sbarra, siamo giunti alla località Trudac. In località Trudac il C.A.I. di Bovegno passa il testimone al C.A.I. di Collio V.T., dato che l'itinerario da questa località in poi si sviluppa nel comune di Collio.

Ci si innesta in un'altra mulattiera proprio in corrispondenza di un cancello e si prosegue secondo la direzione d'ingresso. In primavera si è accompagnati dai numerosi cespi di larghe foglie del velenoso colchico che in autunno ha disteso le sue rosee corolle all'ultimo sole caldo di fine estate.

Si cammina in leggera discesa in un bosco di latifoglie con qualche sporadica presenza di abete rosso.

Si attraversa un torrentello le cui acque invadono la stradina e lo sguardo può godere della maestosa Corna Blacca e di tutto il crinale orografico sinistro fino al Monte Ario.

Sotto di noi una grande cascina, appoggiata su un prato scosceso, ci induce a pensare alle immani fatiche patite da tutti coloro che quassù hanno praticato l'agricoltura e l'allevamento.

Prosegue l’aggiramento a mezza costa dell'ampia Val Torgola e tante altre cascine ci vengono incontro, a testimonianza di quante famiglie, nonostante la citata grande fatica, vivessero in questi luoghi impervi.

La stradina, ora, sale leggermente per poi ridiscendere nuovamente, superando numerosi rigagnoli che non impediscono l’incedere. Si risale, attraversando una rigogliosa abetaia e dopo un ponticello si esce all'aperto in corrispondenza dei primi lussureggianti prati di Memmo.

La stradina, dapprima sterrata e poi cementata, prosegue ripida fino ad incontrare uno sterrato che si segue sulla destra. Il percorso procede ora nel bosco con un continuo susseguirsi di saliscendi. Lo sguardo si impadronisce anche delle dorsali della media Valle Trompia con il Guglielmo a farla da padrone.

Ora si deve prestare particolare attenzione alla segnaletica che, prima di un consistente nugolo di cascine, invita ad abbandonare la stradina per prendere un sentiero al limitar del bosco che in discesa ci porta, lasciando il prato alla nostra sinistra, sul terrapieno pianeggiante che sovrasta la condotta che alimentava la miniera Prealpina.

È doveroso a riguardo un ringraziamento al proprietario che con questo tracciato a bordo bosco ha permesso di mantenere sempre alto l'interesse naturalistico.

Scesi in fondo al prato, si incontra la stradina erbosa che ci conduce alle vasche di raccolta acqua, utilizzato dalla miniera per un primo lavaggio del minerale estratto. Si lasciano sotto di noi due cascinali incastonati nel verde prativo.

Raggiunta la vasca, non si deve costeggiarla, ma si sale con un tornante stretto per alcuni metri, prima di piombare su Memmo.

Raggiunta una prima recinzione privata, si capisce che ormai si è vicini al paese; infatti subito dopo un tornante ci appare Memmo con la chiesa ed il campanile che si slancia alto sopra le case.

Si scende in piazza e sulla destra siamo attratti dalla antica canonica sovrastata da una torretta e da un terrazzo con ancora alcuni strumenti di rivelazione meteorologica.

Una bella fontana con fresca acqua zampillante può fare alla bisogna.
Inoltre sulla piazza si affaccia il locale di ristorazione “Pinocchio” che costituisce un valido punto di sosta.

Si segue in salita via Santella e lungo questo breve tratto asfaltato il sentiero solivo triumplino n°342 si sovrappone al n° 343 con meta Sette Crocette, Bivacco Grazzini e Monte Dasdana.

Dopo circa 150 metri in corrispondenza della terza fontana, posta a lato di un tornante sinistrorso, si procede a destra per la Coca. 

Sotto di noi uno squarcio sulle case di Collio. La stradina, dopo un tratto sterrato e pianeggiante, si trasforma in cementata e con alcuni strappi di salita.

Si giunge così a località Plagna, bella ed ampia radura circondata da alti abeti rossi. Lasciata la radura sulla nostra destra, la stradina si inerpica fino alla Coca.

A stagione opportuna la raccolta dei violacei frutti del mirtillo, qua presenti in ampi tappeti, è provvidenziale occasione per qualche breve sosta e per riprendere fiato.

Si è confortati durante questo sforzo dal fatto che la fitta abetaia emana un profumo di resina che allarga le narici e ci fa respirare meglio. Il cemento lascia qualche breve tratto allo sterrato fino a che con un ultimo rettilineo si raggiunge la località Coca (m 1305).

Qui si apre un panorama di grande suggestione; davanti e sotto di noi l'intera vallata di Serramando, costellata da numerosissime cascine, a tutt'oggi ancora attive.
Alzando gli occhi, ecco la linea di cresta delle Colombine.

Tutto ciò ci fa dire la frase di rito: <<Ne valeva proprio la pena!>>.

Si lascia la stradina sin qui utilizzata e se ne prende una a destra in ripida discesa.

Si raggiungono le cascine sottostanti e si passa davanti ad un antico abbeveratoio a volta semicircolare, ormai privo d'acqua, che piange sul suo passato glorioso, allorquando le mucche assetate abbassavano il loro muso per bere.

Un moderno serbatoio in cemento armato l'ha derubato a monte delle sue acque.
L'antica stradina che solca i prati passa davanti ad alcune cascine e può capitare di scambiare qualche parola con i proprietari che, incuriositi, si sono affacciati sull'uscio di casa.

Si passa davanti alla bella cascina in pietra a vista, denominata Stalet e si comincia ad avvertire il rumoreggiare delle acque del torrente Bavorgo nel fondovalle.

Superati alcuni corsi d'acqua suoi affluenti, si raggiunge un moderno bacino idroelettrico, costruito nel solco principale del torrente.

Lasciato sulla nostra destra il bacino, si passa con il ponte Re dall'altra parte della valle di Serramando.
Ci si innesta su una stradina che si segue sulla destra in direzione Collio.
Inizia, qui, un tratto di sentiero comune con il n° 356 che da Collio porta a Malga Mericolo, Malga Marmor, Pian delle Baste fino alle Colombine.

Dopo alcuni ripidi tornanti in discesa, si abbandona tale stradina cementata per prenderne una sulla sinistra che in salita ci porterà ad Ivino.

Dapprima un tratto cementato in un bel bosco di abeti, poi uno sterrato pianeggiante ci porta ad un imponente cascina su cui campeggia la scritta “Dosso dove il sole svanisce”.

Ad un bivio, dove è eretta una lapide in memoria della tragica morte nel 1983 di Bruno Paterlini, si prosegue nella stessa direzione di marcia.

In corrispondenza di una cascina recentemente ristrutturata si lascia la stradina che continua in discesa per prenderne una che, salendo, aggira tale casa.

Si affianca una palizzata in legno e si attraversa un corso d'acqua.
Qui inizia un nuovo tratto in salita nel bosco, poi, con varie ondulazioni si raggiunge cascina Costa Freda.

Tale riconoscimento è possibile in virtù di una targa in legno pirografata con questo nome.
Raggiunta la colma, lo sguardo si bea dell'intera valle di Ivino che ripete, seppure in piccolo, l’analoga situazione di alpeggio vista in quella di Serramando.

Ci si innesta in una stradina che si prende in discesa sulla destra, passando a fianco di tre betulle dalla bianca corteccia. Inizia, qui, un breve tratto in comune con il sentiero n° 355 che, salendo da Tizio, raggiunge dapprima Malga Marmor e finisce sulla cima Colombine.

La stradina passa sotto la linea elettrica ad altissima tensione che, proveniente dalla Valle Camonica, attraversa la Valle Trompia e va ad alimentare le acciaierie Valsabbine.

All'incrocio in località Pediferro (Pè de Fer), dove un antico silter è incastonato nel terreno, si prosegue nella stessa direzione d’ingresso lasciando che a destra il sentiero n° 355 scenda a Tizio.

Si attraversa un ponte ed all’innesto con la mulattiera che sale da Ivino, si piega a destra e si prosegue in discesa con il torrente che scorre alla nostra destra.

Qualche tratto in asfalto prima di inserirsi in una stradina che si prende sempre in discesa, mantenendo la direzione d'ingresso.

Si affianca una casa con terrazza e davanti a noi appare la sinuosità della stradina che ci condurrà a San Colombano.

Ad un tornante destrorso la segnaletica ci invita ad abbandonare la discesa per prendere la stradina in salita sulla sinistra.

Si passa davanti ad un maestoso cascinale sulla cui facciata fa bella mostra un affresco che riproduce San Rocco pellegrino con la ferita bene in vista sulla coscia e l’inseparabile cane al suo fianco.

E’ questa la prima di tre cascine, appartenute rispettivamente a tre fratelli, ciascuno dei quali ha voluto ricordare lo zio frate, abbellendo la facciata della propria casa con un affresco di similare fattura.

Si sta, ora, sulla strada agro-silvo-pastorale ed un ponte ci permette di oltrepassare l'impetuoso torrente Ondola.

Si cammina su un lastricato di pietra e, quando sulla sinistra si stacca una stradina in cemento molto ripida, si prende sulla destra un sentiero ben visibile, ma stretto.

Questa escursione ha voluto riservare fino all'ultimo gradite sorprese, tant'è che anche questo ultimo tratto è particolarmente piacevole.

Lo stormire delle tenere foglie agitate dal vento, il gorgogliare delle acque sotto di noi e il canto amoroso degli uccellini invitano gli escursionisti a contemplare le meraviglie del creato.

Quando il sentiero termina di incunearsi in una stretta vallecola, esso si allarga, fino a diventare comoda stradina.

In uno squarcio di bosco appare in profondità Collio con la sua imponente parrocchiale.

Si passa davanti ad un primo cascinale, la cui facciata è adornata da un affresco riproducente Sant'Antonio Abate con la sua caratteristica barba bianca, circondato dagli amati animali.

In particolare alcune oche, in primo piano, con il loro lungo collo sembrano incedere protezione.

Si entra finalmente nel solco principale della Valle Trompia e nel fondovalle luccicano le argentee acque del fiume Mella.

Un'ultima sorpresa ci è offerta dall'affresco che nobilita la casa a pochi metri da Bol Nof, conclusione di questo lungo, ma affascinante itinerario.
Sulla facciata si legge la scritta “Di gran pazienza il ritratto soave di quest'effigie vede il bene fatto e quando miri sì bella donna e pia, curva la fronte e dì un'Ave Maria”.
Tale scritta sovrasta un bel ritratto della Vergine incoronata con il Bambino in grembo.

PS: Questa descrizione, dettata più dal cuore che dalla mente, termina con una domanda: <<Cosa avrà spinto, in un mondo sempre meno attento allo spirituale, il proprietario, conosciuto mentre sul taccuino appuntavo la frase dell'affresco, a restaurare di recente tale testimonianza che pesca le sue radici in tempi molto lontani?>>.
Non avendo io trovato alcuna risposta, l’ho lasciata a forze a noi superiori che sanno sempre ben consigliare l’uomo.